A Millesimo nasce la salsa al tartufo con il mortaio, il “bimby” delle nonne…

Storia, tradizione e gusto, la Liguria non smette di stupire, soprattutto quando si incontrano due icone antiche e identitarie come il tartufo e il mortaio. Lo sappiamo, quando si parla di tartufo si pensa alle Langhe, dimenticando che anche la Liguria ha una parte di Langa. Non solo, il tartufo, da quello bianco, prezioso e costoso, allo scorzone, al nero pregiato, alla bianchetta è presente in tutta la regione, dalla Val Bormida alla Valle Arroscia, dalla Valle Impero alla Val d’Aveto. Le truppe romane impegnate a costruire la via Iulia Augusta, scrivono gli storici del periodo, si cibavano anche dei gustosi tuberi (meglio sarebbe dire funghi ipogei) che venivano alla luce durante i lavori di scavo.

Il mortaio, per i liguri, non è solo un pezzo di marmo utile in cucina, è il simbolo stesso della cucina, intesa come tradizione, sapienza, cultura. Non è un caso che il mortaio, rigorosamente di marmo, si tramandi di generazione in generazione e che, un tempo, fosse in cima alla lista dei regali di nozze. Il mortaio, per le nostre nonne e bisnonne, era quello che è il Bimby per la modernità. Serviva a tritare, sminuzzare, amalgamare, ridurre in poltiglia, preparare salse e quant’altro. Dentro al capace incavo (il modello genovese è più largo rispetto ai “cugini” toscani e marsigliesi) sin dal Medioevo si mettevano carni, pesci, verdure, spezie ed erbe aromatiche per lavorarle a seconda delle ricette. Immancabili, per mortaio genovese, sono le “orecchie”, servono per facilitare la presa del mortaio e lo sfregamento del pestello sulla parete, gesto (sarebbe meglio dire arte) basilare per il pesto e per la salsa di noci.

Per fare un buon mortaio ci vuole il marmo bianco di Carrara, che sia di grana fine e compatta e che non presenti difetti. I blocchi arrivano direttamente dalle vicine cave e subiscono una prima lavorazione di sgrossatura che contribuisce a suddividerli in grandi pezzi. La fase successiva è la squadratura al fine di formare i parallelepipedi delle dimensioni proporzionali al formato di mortaio che si vuole ottenere. Un tempo l’incavo veniva fatto a mano, forza, fatica e scalpelli, oggi con sofisticate apparecchiature al laser. Per la buona riuscita di una salsa non basta il miglior marmo, ma anche un pestello adeguato, legno dolce, pero o ulivo, mai castagno che rilascia un retrogusto amaro.

E se oggi i frullatori hanno relegato il mortaio a oggetto di arredamento, quasi un’icona da venerare, non sarebbe male utilizzarlo ogni tanto, magari per provare antiche salse a rischio estinzione, come il machetto, il marò di fave, l’ajè, la tapenade, sapori di una Liguria antica, struggente, buona…

E proprio per mantenere alta la mitologia del mortaio che Stefania Passaro (un passato come azzurra di basket con 178 presenze) e il marito Roberto Ciccarelli, consulenti finanziari nella vita lavorativa, appassionati di cucina ligure nel tempo libero hanno creato, più di vent’anni fa, l’associazione Gente di Mare con il compito di valorizzare mortai e relative salse. Nel corso degli anni hanno valorizzato l’arte centenaria del mortaio, con Roberto che vanta collaborazioni prestigiose, come quella con lo chef Peppe Guida del ristorante stellato Nonna Rosa di Vico Equense, e un record: è il “pestatore” che ha vinto il maggior numero di gare di pesto genovese al mortaio. Nel corso degli anni la coppia ha raccolto e “salvato” più di 100 mortai, molti antichi, ora esposti in una sorta di originale museo. “I mortai non hanno data, ma quelli più antichi, probabilmente destinati alle cucine borghesi, hanno le ‘orecchie’ scolpite come calici e, ovviamente, essendo fatti a mano sono meno precisi rispetto a quelli moderni”, spiega Stefano, che, tra le altre curiosità, è l’unico ad aver preparato il pesto…sott’acqua, nel Golfo di Noli dove il basilico viene coltivato in biosfere.

Torniamo al tartufo e alla liason con il mortaio, un incontro di amorosi sensi, si potrebbe azzardare. “Abbiamo incontrato i tartuficoltori dell’associazione a Rapallo, qualche anno fa. Ho comperato da loro un tartufo bianco, ottimo, e mi sono appassionato. Ho conosciuto alcuni di loro, compreso il presidente Maurizio Bazzano, e dopo qualche pranzo assieme ci siamo detti: perché non creare un pesto a base di tartufo? Dopo tante prove la salsa che abbiamo messo a punto ci ha convinto e ora siamo pronti per presentarla ufficialmente alla Fiera del tartufo di Millesimo”, raccontano Stefania e Roberto. Nessuno spoiler sugli ingredienti, la ricetta sarà svelata alla Fiera Nazionale del Tartufo a Millesimo il 3,4 e 5 ottobre.

Maurizio Bazzano, presidente dell’Associazione dei Tartufai e Tartuficoltori della Liguria, ha da subito sposato il progetto: “E’ un modo per valorizzare i nostri tartufi. Sono ancora in molti a non sapere che anche la Liguria può dire la sua in questo settore. Abbinarlo al mortaio, un simbolo della cucina ligure, non può che valorizzare i nostri prodotti. A Stefania e Roberto ci accomuna la passione per la Liguria e, avendo già assaggiato la salsa preparata da Siamo Gente di Mare, posso solo dire che sarà un grande successo”!

 

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